La Corea del Sud e la chirurgia estetica

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La chirurgia estetica esplode in Corea del Sud

La Corea del Sud, fra le due Coree, è universalmente riconosciuta come quella più civile, più “occidentale” e più moderna. Trattasi, infatti, della quindicesima economia mondiale, la quarta più importante d’Asia, nonché del settimo paese al mondo per indice di educazione e di sviluppo umano.

La Corea del Sud ha dovuto patire diversi anni di sanguinose dittature e di povertà diffusa, di guerre e di colpi di stato (1980), di recessioni (1997) e di continui conflitti con i cugini del nord, ma è uscita indenne da tutto questo. Anzi, si direbbe più forte e robusta che mai.

Tuttavia, come si seuol dire, “non è tutto oro ciò che luccica”. L’ambizione della Corea del Sud a essere considerata come una nazione potente e sviluppata è sfociata, dal punto di vista sociale, in un’ossessione per la perfezione. Una tendenza che, se dal punto di vista economico conserva dei connotati ovviamente positivi, nel contesto della vita di tutti i giorni traccia un disegno piuttosto inquietante.

Ciò che succede in Corea del Sud è che la bellezza femminile, il vano fattore estetico, è ritenuta una virtù fondamentale, un modello di vita, addirittura una ragione giustificabile per assumere o meno una donna a lavoro. Ecco perché in Corea del Sud una donna su cinque, cioè il 20% della popolazione femminile, fra i 19 e i 49 anni, ricorre o ha già ricorso ad un intervento di chirurgia plastica. Le motivazioni, purtroppo, sono puramente estetiche ed estremamente superficiali. Basti pensare che le operazioni che vanno per la maggiore sono quelle finalizzate ad arrotondare gli occhi (occhi da “bambola” si potrebbe definirli); a sbiancare la pelle (solo perché una pelle appena più bruna è considerata un segno di povertà, poiché associata al lavoro nei campi) e a modificare la forma del viso, in modo che assuma una forma a “V”, con un mento affilato che ricorda i manga giapponesi. Non c’è da stupirsi se, proprio qualche settimana fa, una famosa giornalista nazionale ha sostenuto un’operazione chirurgica per dare al suo viso una conformazione “a cuoricino”, provando ad imitare la star dei cartoni animati Sailor Moon.

Insomma, una situazione davvero ai limiti dell’assurdo che rischia di peggiorare ulteriormente visti gli standard estetici progressivamente più alti imposti dai media e dalla società.

Dal suo canto, il governo sudcoreano, sta tentando di contrastare l’ossessione per il bisturi, con l’imposizione di un’aliquota del 10% su ogni intervento chirurgico che abbia un fine esclusivamente estetico. Chi vuole beneficiare di una liposuzione, di un aumento del seno, di un operazione sugli occhi o sul viso e di un trattamento antirughe o sbiancante, dovrà perciò sborsare qualche quattrino in più rispetto a coloro i quali utilizzano la chirurgia plastica per motivi di salute o per ragioni mediche.

Purtroppo però, la moda della chirurgia estetica sembra destinata a raggiungere livelli sempre più elevati a dispetto di qualunque normativa. Seoul punta infatti a diventare la capitale d’Asia (e magari del mondo) della chirurgia estetica, settore sul quale punta a creare ben ventimila nuovi posti di lavoro nel prossimi 4 anni. Numeri che non sorprendono se si pensa che nel 2012 su duecentomila stranieri arrivati per effettuare un intervento medico, il 7,6% ha usufruito della chirurgia estetica e se si ricorda come la Corea del Sud sia la prima nazione al mondo per numero di interventi estetici per abitante e come siano spesso padri e madri a spingere i propri figli verso l’operazione.

Qui dove Psy ha lanciato la sua hit da quasi 2 miliardi di visualizzazioni online, Gangnam Style, che, come in pochi sanno, rappresenta proprio una critica alle nuove Sudcoreane, tutte bisturi e botulino.