Scuole omogenee, sì o no?

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Il dibattito sulle scuole omogenee

Le scuole omogenee, per quanto appaiano oggi datate quantomeno come principio, a detta di alcuni, risultano molto utili per consentire, specialmente alle ragazze, di sviluppare meglio le proprie capacità, superando gli innegabili pregiudizi di genere, e di risaltare, in modo particolare, nelle materie scientifiche. Nelle scuole omogenee, con classi di soli maschi o sole femmine, insomma, sarebbe garantita a tutti una formazione più equilibrata, tale da valorizzare le differenze, invece, che sminuirle.

Le classi omogenee come sinonimo di maggiore efficienza rappresentano un concetto che, soprattutto in terra anglosassone, ha avuto un ampissimo consenso, a cui è seguita una notevole diffusione. Tuttavia l’entusiasmo di inglesi ed americani si deve necessariamente smorzare oggi di fronte al dossier rilasciato dai ricercatori dell’Università del Wisconsin a Madison. L’indagine, condotta dai ragazzi statunitensi su un vasto campione composto da oltre un milione e mezzo di studenti, ha concluso che i benefici attribuiti normalmente alle scuole omogenee sono alquanto discutibili. Non vi sarebbe di fatto alcun miglioramento né nelle materie scientifiche per le ragazze, né nelle prestazioni verbali per i ragazzi e tantomeno si riscontra alcun effetto positivo dal punto di vista psicologico. Un vero e proprio smacco per i numerosi sostenitori delle scuole omogenee.

La condanna dei ricercatori del Wisconsin, d’altronde, non è da considerarsi definitiva. In supporto dei difensori delle scuole omogenee, sono arrivate, rapidamente, le parole della professoressa Alessandra La Marca, dell’Università di Palermo. La docente ha, infatti, ricordato come un precedente lavoro pubblicato sugli Annali della Pubblica Istruzione, rivista ufficiale del Ministero Italiano, aveva prodotto dei risultati diametralmente opposti. La ricerca italiana aveva dimostrato come, soprattutto nella fascia d’età tra i 12 ed i 14 anni, l’utilità della scuola omogenea fosse evidente, con effetti positivi sia suo piano didattico che su quello psicologico. La divisione fra ragazzi e ragazze infatti consentirebbe agli insegnanti di applicare strategie differenti e più personalizzate e di ottenere proprio quell’auspicabile miglioramento femminile nelle materie scientifiche e maschile in quelle umanistiche. 

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