La socialità nel bambino

Articolo approfondimento del di

La socializzazione fra bambini

La socialità e la socializzazione sono due elementi considerati basilari nello sviluppo di un bambino. Da secoli psicologi e pedagogisti hanno rivolto la loro attenzione sull’argomento cercando di individuare il maggior numero di relazioni “causa-effetto”. Il risultato è che oggi abbiamo una conoscenza molto più vasta sul tema, seppur non ancora del tutto completa.

Innanzitutto è interessante capire da cosa è motivata la evidente tendenza dei bambini alla socializzazione.  Singolari sono, in proposito, gli studi sul tema effettuati in campo animale, essendo gli animali, al pari degli esseri umani o anche di più, “social-dipendenti”. Lo studioso Harry Harlow ad esempio ha scoperto che allevando un primate con una madre finta, con le sole robotiche funzioni di nutrimento e “morbido” contatto fisico, si generava uno strano cucciolo di scimmia (di macaco precisamente), anormale nel comportamento e incapace di accoppiarsi spontaneamente con animali di sesso opposto. Questo semplice esperimento lascia presumere un ruolo principe della madre nelle future capacità di socializzazione del bambino.

In verità, se con il papà, la mamma e/o i parenti, il bambino sviluppa una sorta di relazione di “dipendenza fisica” (a parole di Freud), i piccoli sembrano apprezzare sempre di più, con il passare degli anni, la compagnia dei loro coetanei. Per quanto il loro linguaggio rudimentale e la naturale egocentricità rendono difficile l’instaurazione di un gioco collaborativo, essi appaiono ugualmente soddisfatti sviluppando un tipo di gioco parallelo. In questo stadio, che corrisponde ai primi anni di vita, il bambino inizia inoltre a porre una distinzione fra i compagni che predilige e quelli che, invece, gli interessano meno.

Crescendo d’altronde, il bisogno di protezione e guida da parte degli adulti va via via affievolendosi e si manifesta al contempo un bisogno gradualmente maggiore di socialità verso i propri pari. Questo accade per ragioni ovvie legate al tipo di usi e costumi culturali della società a cui si appartiene. In quella occidentale, ma generalmente in quasi tutte, la società tende a riunire, infatti, i bambini in gruppi di età per motivi didattici, l’età del bambino perciò determinerà in larga parte chi saranno i suoi compagni di gioco ed è molto probabile che si tratterà di bambini collocati nello stesso stadio di sviluppo. Infatti, un bambino troppo piccolo o troppo grande potrebbe avere delle esigenze diverse rispetto agli altri, creando dei problemi all’interno della compagnia.

Generalmente, la scienza tende ad attribuire il modo con cui il bambino si comporta con i suoi simili, non solo a quell’insieme di norme, comportamenti e abitudini apprese in ambito familiare, ma anche a quelle che vengono acquisite dal semplice rapporto con i compagni, attraverso un automatico meccanismo imitativo.

In parole povere, in un ambiente in cui i bambini vengono lasciati liberi di giocare, almeno per un po’ di tempo, l’entusiasmo e la vitalità propri degli infanti fungeranno da collante, rendendoli compagni naturali l’uno dell’altro.

Certo, esistono da sempre dei casi di bambini solitari, che sembrano non gradire troppo la compagnia dei propri simili, preferendo spesso quella di persone più grandi. In questa circostanza, non è troppo chiaro in che misura questa rappresenti una libera scelta, anziché una forma di compensazione per la carenza di abilità sociali, o per la mancanza di possibilità di socializzazione con il proprio gruppo di età. Questi bambini solitari tendono quindi ad animare le proprie attività con amici immaginari. Non c’è dubbio però che ad una mancanza di compagni in quell’età può seguire  un periodo che, al contrario, si rivela ricco di rapporti sociali.

In conclusione, i dati dimostrano che le famiglie risultano comunque i primi enti sociali per il bambino,  succedute però dal gruppo dei coetanei, il quale ha la importante funzione di scolpire nel bambino un insieme di comportamenti e atteggiamenti che gli serviranno per essere accettati in quella particolare cultura.

I bambini, invece, che fanno riferimento alla sola famiglia, quando si trovano in situazioni di gruppo sembrano insoliti o allevati in circostanze piuttosto complicate.

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